Presentazione
della operazione "Amici dei Tesori del Mondo" alla apertura del
Seminario A.T.M., intervento di Giulio Bresciani Alvarez
Presentazione della operazione "Amici dei Tesori del Mondo" alla
apertura del Seminario A.T.M., intervento di Giulio Bresciani Alvarez
Padova, 20 Maggio 1993
Buongiorno a tutti. Quando Francesco Piva mi ha invitato a
partecipare a questo convegno, almeno dando il contributo di una
conversazione, ho accettato di buon grado perché conosco
l’affidabilità, l’interesse culturale che muovono l’attività del Centro
di Padova. E’ sempre difficile rinnovare gli argomenti, perché tratto
spesso su questo tema però normalmente applicato alla realtà, alla
concretezza della salvaguardia di un edificio, di un palazzo, di un
affresco, di un albero, e trattare il tema in chiave generale diventa
affascinante senz’altro, però un po’ impegnativo, dovrei prepararmi a
dovere per fare una vera e propria lezione. Comunque mi sento
responsabilmente interessato a partecipare a questa iniziativa e ...
cosa dirò? Ogni volta che devo parlare per me è un fatto nuovo, come
scrivere un articolo, e allora l’unica cosa è parlare a ruota libera,
parlare con il cuore, normalmente si fa così ... e, parlando con il
cuore, ho immaginato, subito mi è venuto alla mente, e al cuore, un
episodio di cui ho avito notizia, di cui tutti abbiamo avuto notizia
qualche giorno fa, che riguarda non una "salvaguardia", ma una
distruzione, avvenuta proprio in questi giorni, una perdita enorme.
Questa perdita è una perdita di "segni", di identità di un popolo... e
qualcuno ha avuto la ventura - sventura di vedere con le immagini della
tecnologia moderna, oggi si può vedere tutto, la distruzione della
biblioteca di Sarajevo. E’ una cosa tremenda, tremenda,... la cultura
di un popolo distrutta in una notte. E si ha coscienza esatta di che
cosa significa la perdita di una biblioteca, è una cosa enorme. Un
aspetto dell’uomo, di una razza, "razza" nel senso migliore del
termine, di un’etnia, può sparire... in una notte può sparire. Forse è
stata fatta apposta, forse calcolata ... e questo concetto di
"salvaguardia" ha anche il significato di una "difesa", credo che sia
molto chiaro, pensando a quest’episodio. Allora mi sovviene una nota
che uso spesso quando parlo con i ragazzi, con i giovani, quando si
deve far capire il significato di uno spazio ... che è molto più
difficile che parlare di un oggetto, un oggetto si tocca, si usa, si
vede ... lo spazio invece si fruisce, ma non si ha mai una notazione
molto precisa: se l’edificio è ben fatto, ben congegnato con assi,
controassi e così via, un "classico" in un certo qual modo è facile
parlare, ma un edificio medioevale, articolato in modo più complesso è
difficile da spiegare ai ragazzi. Allora torno al concetto base, la
creazione di spazi. Era proprio questo aneddoto che veniva raccontato
nella scelta [?] di Lévi-Strauss, Lévi-Strauss che ha studiato molto i
popoli primitivi, è stato in Brasile studiando la cultura di certi
popoli aborigeni, raccontava che un popolo nomade si riconosceva
quando, nel momento che si stanziava, trovava una zona per fermarsi che
era una zona indifferenziata, vicino a un fiume, vicino a qualche
foresta, qualche albero, prendevano, portavano con loro e ivi alzavano
un palo, un albero, un "totem", e da quel momento si creava lo spazio.
In questo senso "A" è indifferenziato, un punto vale l’altro su questo
tavolo, se io metto questa matita immediatamente ho un notazione di
spazio, un elemento di riferimento, tutto il tavolo può convergere
verso quella matita, è un punto di riferimento....attorno a questo palo
si insediavano questi popoli, perché c’era un elemento connotante una
struttura. Si racconta che durante un’inondazione la corrente ha
trascinato via il palo, e quella popolazione si è dispersa, perché non
aveva più un elemento di connessione, di collegamento, di riferimento.
La cultura, la struttura della cultura sono tantissimi pali, tantissimi
riferimenti... parlavo prima della biblioteca di Sarajevo: distrutta,
si è perso un palo, un elemento di riferimento, almeno per l’etnia
mussulmano-bosniaca. E noi, i nostri edifici, le nostre piazze, i
nostri spazi, le nostre pitture, i nostri affreschi sono altrettanti
elementi di riferimento. Può darsi che a partire da un Club così
categorizzato, così qualificato potete ben capire no c’è necessità
della salvaguardia dei "segni", però è un’operazione che dobbiamo
continuamente fare, perché per capire questi segni occorre cultura, e
questa cultura talvolta viene disattesa dalle strutture che dovrebbero
in qualche modo fomentare, stimolare ... la scuola... io sono dentro
della scuola e so benissimo quello che vi sto dicendo, e uno dei punti
carenti della nostra società, della nostra civiltà è proprio la scuola,
è un punto nevralgico. Se ci facciamo caso, in tutte queste grandi
linee di trasformazione prospettate in vari settori, in varie
latitudini, in vari emisferi la più disattesa è proprio la scuola, non
c’è un paese che prenda come dato fondamentale il problema della
scuola; è sempre ai margini, se ne può fare a meno, quasi ... per me è
nella scuola che nasce il concetto di cultura, il concetto dei "punti
di riferimento", il concetto di salvaguardia, il significato ... se
manca questo riferimento effettivamente le nostre associazioni sono
sovraccaricate, non possiamo, non riusciamo a rispondere a tutte le
esigenze. Qui in questa sala ci sono assessori comunali e il sindaco
che era mio collega, mio alunno ... io ho parlato di certi problemi,
che noi affrontiamo da un punto di vista politico, di politica
culturale e anche politica amministrativa, certi temi, se non sono
stati digeriti, stimolati, discussi nel momento scolastico non
appartengono alla nostra cultura, ne trattiamo al di fuori, sono
"affari". Allora il problema del "museo": se uno non sente
effettivamente che cos’è un museo, se non ha usufruito della struttura
museo, se non ha visto il museo come centro di diffusione culturale, e
non solo come un deposito di oggetti, dei "beni" della casa, non capirà
mai il significato e l’importanza di un museo, ne potrebbe forse fare a
meno ... in questi giorni abbiamo parlato dell’"avancorpo" [del museo
civico] di cos’è il significato di quest’appendice, di a che cosa
serve, è un punto tecnico cardine del museo, indispensabile, però si
parlava nella stessa occasione ch’è bisogna valutare tutto il progetto
del museo. Io credo che se il progetto del museo, l’organizzazione del
museo non viene stabilita a livello di scuola ... dovrebbero esserci
delle materie che riguardano l’uso, la conoscenza, la difesa dei beni
culturali di una città, ma tutto questo no fa parte dei programmi, può
darsi che un ragazzo sappia tutto il rinascimento toscano e non conosca
Donatello che è qui a due passi, "Donatello lo andremo a vedere
un’altra volta"...invece dovrebbe far parte integrante dei programmi
l’uso, la conoscenza del proprio territorio. Di sono dei ragazzi che
non sanno la forma della propria città, non ne conoscono la struttura
fondamentale, non parliamo poi del territorio, il significato del
territorio, la forma del territorio, la salvaguardia che deve essere
estesa anche al territorio, perché anche il territorio ha una forma, è
una sedimentazione di culture il territorio... i canali, i ponti, le
strade, i filari di piante, la barriera frangivento, sono tutti
elementi formali di cultura, di un uso, di una funzione, quelle che io
chiamo le "impronte digitali della storia". Tutte le forme, tutti gli
edifici, tutte le piazze, tutte le piantate, tutti gli alberi, tutti i
ponti, qualsiasi strada consortile sono impronte digitali della storia:
le istituzioni sono passate, hanno creato quelle forme e se ne sono
andate; sono rimaste quelle forme. Se indaghiamo quelle forme possiamo
capire le istituzioni, comprendere le istituzioni, comprendere una
struttura che se n’è andata, però ha lasciato queste impronte. La
salvaguardia vuol dire rispettare queste impronte, conoscere,
desiderare di conoscere queste impronte, diffondere la conoscenza di
queste impronte.
Io credo che questa conversazione forse non era necessaria, perché
voi di certo praticate queste cose sul vivo, però è giusto che almeno
tra di noi ci riconosciamo attraverso problemi comuni, affrontandoli
anche in modo comune. Per esempio a Padova noi abbiamo
un’amministrazione nuova, un’amministrazione che ha ricevuto in eredità
tantissimi problemi, però che certamente sta cercando di coinvolgere la
cittadinanza attorno a questi temi, e in questo sforzo io vorrei
volentieri la scuola. La scuola è ancora troppo staccata dalla realtà,
e credo che tutta la problematica che noi oggi affrontiamo e certe "non
risposte" da parte della cittadinanza dipendono dal fatto che è mancata
una cultura, una preparazione, una conoscenza di questi problemi, non
fanno parte dei nostri interessi... c’è molta gente che potrebbe fare
anche a meno di un museo, siamo sinceri, c’è molta gente che non è mai
andata in un museo e che vive lo stesso. Se si domanda "vuoi andare al
museo?" -"forse oggi no". Un museo.... un edificio, un’istituzione
museale dove uno va e trova la risposta successivamente "ah, già sono
stato"... sono andato al Pitti, conosco il Pitti"..."sono andato al
Louvre, io conosco il Louvre"... il Louvre è già un po’ diverso...nei
musei italiani no si va più, perché quando veramente ho visto il museo
ho visto delle pareti con degli oggetti illuminati... quello non è
museo, quello è deposito. Museo è un centro promotore, [...] è un punto
di riferimento costante, una scuola sempre aperta, e non è di durata
quinquennale, dura sempre, in aggiornamento continuo, quello è il
museo, quella è l’idea di cui noi parliamo, o almeno certi
settori...Italia Nostra da tempo parla di questo museo, il museo
"diffuso", cioè altri ambienti della città che sono sedi, depositi, che
devono invece essere centri promotori, noi ne abbiamo una serie, il
Salone, la Sala dei Giganti, la Scuola di San Rocco, le chiese...
Praticamente il museo, la mia idea di museo funzionante è questa, idea
che sarebbe un po’ "peregrina" : il museo è la sede di tutti i furti...
la città è stata defraudata, le chiese sono sempre defraudate, le
raccolte private sono state defraudate... ed a un certo momento, in
nome del bene collettivo si è raccolto tutto, nelle sale del comune
hanno accatastato tutto, lo hanno portato nel Salone, nel Salone è
stato per un certo periodo, poi dato che queste appropriazioni
continuavano a un certo momento si è dovuto trovare altri spazi ...Però
sono tutte cose che avevano una sede originaria diversa ... vedere una
chiesa senza un’opera fondamentale che caratterizzava quella chiesa,
l’architettura ne soffre, subisce...quando io so che solo il coro
vecchio della chiesa di Santa Giustina è stato progettato e
immediatamente hanno chiamato il Romanico per fare quella meravigliosa
Pala, per quell’angolo, per quello spazio, vedere questo spazio senza
questa Pala...c’è qualcosa che non funziona ..."sta al museo" ma al
museo è attaccata là, staccata dalla sua realtà spaziale, era un quadro
che aveva una misura, una sua dimensione in riferimento a quello spazio
.... e così via per tutto il resto...
Per esempio quando vedo tutti quei tubi, quelle canalizzazioni,
quelle colonne, fusti, capitelli, smembrati,, che non sono stati presi
proprio qui davanti, in questa zona, stanno tutti in cosiddetto
"lapidario" del museo... ma perché non disseminarli per la città ...
tanto stanno all’aria lo stesso, non è che sia meglio, piove lo stesso
dentro a questo cortile ....Abbiamo fatto una mostra al caffè
Pedrocchi, perché nelle vicinanze del caffè Pedrocchi avevano trovato
tanto materiale, e allora avevo cercato di creare un "segno", come
dicevo prima un "palo", io ho portato via una di queste [...?] e l’ho
attaccato al centro, e la gente diceva "ah, allora qui una volta
c’erano delle cose romane, delle cose antiche, interessante, allora
dove c’è il Pedrocchi c’era uno stabilimento romano..."discorsi che
venivano fuori ... ha dato fastidio a qualcuno e l’hanno portato via,
stava tanto bene lì ... allora è rimasto il piedistallo lì per terra
dove si siedono giocano, chiacchierano, ci sono gli zingari, c’è
qualcuno che suona, qualche sudamericano che suona musica andina, molto
bella, ma insomma ... però si potrebbe ritornare ... ecco i musei
diffusi, in qualche maniera, e se non voglio proprio restituire alla
città tutto questo materiale, che sarebbe d’altra parte un sogno,
un’utopia, però almeno che gli spazi della città dove ancora esistono
queste vestigia, oppure spazi ancora completamente decorati, gli
affreschi distrutti e così via, che questi spazi a anche parte di un
percorso museale, di un discorso aperto, ecco il museo diffuso per noi.
Diffuso non soltanto spazialmente ma anche da un punto di vista di
funzione, il museo deve essere uno spazio vivo, costantemente vivo,
attivo ... alla sera si potrebbe mangiare dentro, all museo... una
biblioteca, si può leggere, si può uscire all’esterno, leggere
all’esterno ... qui abbiamo un clima molto buono, un po’ umido però
buono ... si potrebbe usare così il museo. Museo vivo, che diventa
anche irradiatore di questa cultura che si forma nella scuola, si
sperimenta nella vita e poi si continua, con la cosiddetta educazione
permanente attraverso queste strutture. Io credo che parlare di
salvaguardi dei segni, salvaguardia del patrimonio .."patrimonio" e
"segni" che io estenderei non soltanto alla cultura dell’immaginario
che sarebbe la pittura, la scultura, l’architettura, in chiave aulica,
ma anche alla cultura materiale, alla cultura etnografica, etnologica,
gli usi, gli strumenti del quotidiano, macchine ... questi sono i
segni, altri tipi di segni che appartengono a questa cultura, sono
altre impronte digitali, nel caso di un’attitudine pratica, funzionale,
costruttiva, non soltanto artistica ... questa divisione dell’arte
nobile dall’arte meno nobile ha creato molto danno secondo me alla
cultura. Si può, dentro alla cultura stabilire dei livelli, ma la
cultura è la somma di tutti questi livelli, questa è la cultura. Dopo
esistono le specializzazioni, ciascuno di noi può interessarsi a ognuno
di questi settori, più o meno alto, però secondo me la cultura è
rappresentata, è significata da tutti questi segni, a vari livelli.
Io credo che il vostro convegno, la vostra partecipazione, in modo
particolare i vostri progetti appartengono senz’altro a questa idea che
sto dicendo, ricordando a ruota libera, che sono certo che anche il
contatto qui con Padova sia stimolante sia per loro ma molto utile per
noi. Grazie.